L’ombra scivolò silenziosamente nella camera da letto attraverso la finestra lasciata aperta e la luna disegnò la sua sagoma crudele sulla soglia dell’ingresso.
L’intruso poteva vedere chiaramente davanti a sé la vittima designata, che dormiva ignara nel suo ricco e comodo letto a baldacchino. L’opulenza della stanza risplendeva alla luce cadaverica della luna, ostentando la ricchezza che aveva reso potente l’uomo a cui avrebbe rubato la vita.
Giaceva solo: le amanti erano state cacciate dal suo letto subito dopo aver adempiuto al loro dovere. Esattamente come gli era stato riferito dal committente.
Soldi facili: da spendere in donne, vino e gioco d’azzardo. Non necessariamente in quest’ordine. Ma prima il lavoro.
Si avvicinò furtivo, senza emettere un suono più forte del fruscio generato dalla brezza notturna che giocava con le fronde degli alberi.
Un sibilo sommesso annunciò l’ascesa del pugnale, a cui seguì un balenio fugace, che fendette la penombra e lacerò la carne. Le lenzuola bianche si tinsero di rosso.
Il sicario colpì una seconda volta, poi una terza. Non c’era nulla di personale, si trattava solo di lavoro. Si assicurò che la vittima avesse varcato i neri cancelli dell’aldilà, poi uscì da dove era entrato. Si calò dal balcone e scese nel giardino.
Gli odori dei fiori e delle piante esotiche inebriavano l’aria, ma lui era concentrato su tutt’altro. I passi pesanti degli armigeri di ronda lo misero in allarme e lui si dileguò all’ombra degli alberi.
Attese, immobile come una statua d’ebano, che le sentinelle passassero oltre. Il pugnale era ben saldo nella sua mano, pronto a mietere altre vittime. Il sangue del morto scivolava sulla sua empia lama, come un serpente vermiglio che striscia verso l’abisso. Lacrime scarlatte cadevano sul prato, piangendo la vita rubata.
I due guardiani superarono la sua posizione senza accorgersi della sua presenza: pareva svanito nelle tenebre con un incantesimo di magia nera.
Senza indugiare oltre corse velocemente verso le mura che cingevano il palazzo e, con un balzo degno di un circense, si arrampicò sulla parete non molto più alta di lui e superò l’ostacolo.
Scomparve nel dedalo del quartiere benestante, inseguito dai latrati di alcuni cani inquieti e dallo sguardo apatico della luna, senza lasciare traccia della suo passaggio all’infuori di colui che aveva abbandonato al riposo eterno.
L’ombra dell’omicidio
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